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Addio Carmelo Bene, genio del teatro | ||
Ultimo grande interprete del palcoscenico della provocazione, aveva 65 anni. Si è spento nella sua casa romana. Non lascia eredi, solo epigoni. Ai posteri consegna la sua sperimentazione sulla parola. | ||
E' morto nella sua casa
romana Carmelo Bene
. Aveva
65 anni. Malato da tempo, e in coma da ieri, era uno degli ultimi grandi
protagonisti della scena teatrale e dello spettacolo per la sua molteplice
capacità di essere attore, autore per il palcoscenico e per il
cinema, regista. Tutto il mondo della cultura ne piange la
scomparsa.
Carmelo Bene aveva tentato di esorcizzare la morte. Dalle colonne di un settimanale aveva lanciato di recente un accorato appello: “Riservatemi un funerale da vivo”. Genio e sregolatezza, Carmelo Bene, ultimo grande interprete di un teatro della provocazione, si è spento a pochi mesi dal suo sessantacinquesimo compleanno. Era stato a lungo ricoverato in un grande ospedale romano. Attore, scrittore, regista è stato un punto di riferimento nel mondo culturale di questi ultimi anni. Ha fatto a pezzi molti testi della tradizione li ha rivisitati a modo suo riproponendone la contemporaneità. Non facile di modi, incline alla polemica, in una parola: mattatore. Bene può considerarsi uno degli ultimi divi del palcoscenico. Amato o odiato senza mezze misure per via del personaggio che si era costruito addosso e di cui, con coerenza non ha mai voluto spogliarsi. Alla sua esigenza di accogliere l'intertestualità del mondo, si deve la ricerca ossessiva sulla lingua e sulla voce dell'attore. Carmelo fa a brandelli il testo, sulle tracce di Artaud, suo punto di riferimento artistico, dilata la voce, ne esplora le implicazioni espressive. Bene amava parlare di se stesso. Certo è che stato un grande innovatore della scena italiana. Drammaturgo caustico, Bene aveva lanciato la provocazione del funerale in vita, perché detestava “la necrofilia dei vivi”. Non lascia eredi, solo qualche imitatore. Di lui rimarrà oltre la grandezza, la voce e quella ridondanza della parola sulla quale ha lavorato per tutta la vita. A testimonianza del fatto che tutto il suo teatro altro non è stato che continua sottrazione del significato: il che dimostra la fine di ogni ulteriore e possibile sperimentazione.
Nasce a Campi Salentina in provincia di Lecce, nel 1937. Compie i primi
studi classici presso un collegio di gesuiti. Nel 1957 si iscrive
all'Accademia per lasciarla l'anno dopo: "è inutile". Comincia a questa altezza del '900 la sua parentesi cinematografica, prima come attore nel film di Pasolini Edipo Re, poi come regista del film Nostra signora dei Turchi. Il film presentato a Venezia vince il premio speciale della giuria e rimane un caso unico nell'ambito della sperimentazione cinematografica. Poi ancora due film Capricci (1969) e Don Giovanni (1970), del 1972 è L'occhio mancante libro edito dalla Feltrinelli rivolto polemicamente ai suoi critici. Con Salome (1972) e Un Amleto in meno (1973) si chiude la sua esperienza cinematografica. Torna al teatro con La cena delle beffe (1974) e con S.A.D.E. (1974) e ancora con Amleto (1975). Seguono numerose opere ma molto rilevante è la sua cosidetta "svolta concertistica", rappresenta infatti Manfred (1980) un poema sinfonico con musiche di Shumann che raccoglierà successi di pubblico e critica. Nel 1981 dalla Torre degli Asinelli a Bologna recita la Lectura Dantis, poi negli anni '80 Pinocchio (1981), Adelchi (1984), Hommelette for Hamlet (1987), Lorenzaccio (1989) e L'Achilleide N. 1 e N. 2(1989-1990). Dal 1990 al 1994 la lunga assenza dalle scene, durante la quale, come dirà lui stesso, si disoccuperà di sé. Era da poco tornato sotto i riflettori e in particolare nelle librerie con la sua opera "omnia" nella collana dei Classici Bompiani. Con Enrico Ghezzi ha firmato Discorso su due piedi (il calcio) , edito sempre da Bompiani.
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