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Guido
Calvi :Tra il massacro del Circeo e l'assassinio di Pasolini c'è
un collegamento di contesto. Pier Paolo penserebbe così.
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di Luca Gelmini su Il Corriere della Sera |
Guido Calvi è senatore dei Ds ed è stato avvocato di parte civile della famiglia Pasolini.
Senatore, dopo 35 anni è ufficialmente
riaperto il caso Pasolini. Soddisfatto?
«Era inevitabile che accadesse. Riaprire un fascicolo su quella vicenda
era un atto doveroso innanzitutto dal punto di vista giuridico».
E adesso che l'indagine, contro ignoti,
è stata riavviata?
«Stavolta ci sono elementi indizianti molto seri per avvicinarci alla
verità su un delitto tanto oscuro».
Le prossime mosse?
«Si deve ripartire da Pelosi e dalle sue ultime dichiarazioni».
Si riferisce alla clamorosa ritrattazione
di Pino Pelosi, condannato per l'omicidio del poeta. Pelosi ha chiamato in causa
dei complici. Il fatto che lo abbia fatto in tv dopo 35 anni di silenzio non
è un po' anomalo?
«Può essere anomalo, ma trovo più anomalo il fatto che all'epoca
siano state condotte indagini pessime, anzi a dirla tutta indagini vere non
sono mai state condotte».
La sua è un'accusa molto grave
nei confronti degli inquirenti di allora.
«Nel luogo del delitto vi erano tracce, orme, indizi, impronte digitali.
E’ stato tutto buttato via, gettato a mare. Perfino il dato più
elementare, quello di circoscrivere il luogo dell'omicidio, è stato colpevolmente
trascurato. Cose da paese del terzo mondo, di una inciviltà giuridica
senza precedenti. Se dopo 35 anni si può rimediare a quell'incuria…».
Dopo così tanto tempo sarà
dura, o no?
«Almeno ci tentiamo. Ma mi faccia dire. La macchina di Pasolini fu lasciata
in un cortile per quattro giorni sotto la pioggia. Si prese per buono Pelosi
e quello che diceva, perché faceva comodo. Durante l'istruttoria i periti
non videro nemmeno le foto della scena del delitto. In dibattimento fu il nostro
consulente a telefonarmi di notte e rivelarmi certi particolari. In quelle istantanee
c'era la traccia del pneumatico dell'auto che sormontava la schiena di Pier
Paolo determinandone la morte per schiacciamento del torace, e loro non sapevano
nulla».
E adesso queste prove potrebbero
portare ad altre condanne?
«Ricominciare l'indagine significa innanzitutto ricollocare la vicenda
in quel contesto culturale».
A che cosa si riferisce?
«All'insofferenza tipica di certi ambienti della destra verso gli omosessuali.
Non si dimentichi che quegli furono anche gli anni di Franca Rame stuprata da
estremisti di destra. E poi c'è il Circeo».
Che cosa c'entra il massacro compiuto
da Angelo Izzo con il delitto Pasolini?
«Non c'è collegamento diretto ma di contesto. In fondo il Circeo
che cosa è stato? Un massacro di due innocenti compiuto da due psicopatici
che mascheravano la loro omosessualità, tant'è che le due ragazze
non furono violentate. Quello era il clima. Di rifiuto totale della diversità».
Quindi per lei Pasolini fu vittima
di un agguato con implicazioni politiche?
«Bisogna intendersi su che cosa significa delitto politico. Anche un poeta
come Garcia Lorca è stato ucciso per ragioni politiche. Per Pasolini
è stato lo stesso. Si voleva colpire un uomo scomodo, una delle voci
più alte delle intellettualità italiana del'900 che scriveva di
stragi e di politica. Ammazzandolo si è impedito che quella voce parlasse
ancora».
Lei che ha conosciuto Pasolini, fosse
vivo che cosa penserebbe di tutto quello che sta succedendo ora?
«Pier Paolo era un uomo di una vitalità infinita. Sono certo che
anche lui adombrerebbe le responsabilità di quanto accaduto, pur in una
riflessione più ampia, al contesto culturale nel quale l'omicidio è
maturato».
E' ottimista che alla fine la verità
verrà fuori?
«C'è ancora una forte resistenza, vedremo. Certamente mi batterò
perché l'omicidio di Pier Paolo non venga abbandonato un'altra volta
nel buio della memoria».