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Il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una lettera
al Foglio, torna a parlare di elezioni anticipate."Se
le imposte si riducono in modo consistente e visibile, la corsa continua.
Altrimenti, la parola deve tornare agli italiani perché siano loro
a decidere del proprio destino". La lettera al Foglio arriva dopo
una giornata nella quale Berlusconi ha dovuto incassare il 'no' ai tagli
alle tasse con relativo sforamento dei parametri europei, espresso da
Banca d'Italia, da Gianfranco Fini e Marco Follini.
Il presidente del Consiglio scrive "O si attua il programma fino
in fondo, oppure la missione è finita e la parola torna al Paese".
"Altri 18 mesi così e andremo alla bancarotta", è
la replica a distanza del segretario Ds Piero Fassino, convinto che di
questo passo "esporremo il Paese al fallimento sul terreno più
drammatico dei conti pubblici e della crescita e l'Italia la raccoglieremo
con il cucchiaino".
In questo scenario
la manovra economica approda in commissione Bilancio al Senato senza alcuna
intesa della Casa delle libertà sul maxi emendamento. Berlusconi
ribadisce il taglio dell'Irpef già nel 2005, e attende risposte
dal ministro dell'Economia sulle coperture. La lettera al Foglio assume
valore di un 'manifesto', scrive Berlusconi:
"Attivare la leva fiscale è la politica di questo governo,
concordata con la maggioranza che lo ha eletto e presentata nella massima
chiarezza agli italiani e sottoscritta con parole inequivoche dai leader
e dai candidati dei partiti della coalizione di governo. Impossibile anche
solo pensare che a questo programma si possa rinunciare, aggiustando in
qualche modo le cose a seconda di nuove convenienze e rinnegando un esplicito
mandato con argomenti contingenti e di facciata. Il mio partito ed io
non siamo a disposizione per questo voltafaccia. Senza arroganza, ma anche
senza cedere a quello spirito rinunciatario che è il male oscuro
della politica italiana: o si attua il programma fino in fondo oppure
la missione è finita e la parola torna al Paese". Quanto ai
rinnovati inviti a non infrangere i parametri di Maastricht, Berlusconi
ripete che "in Europa è fortissima la spinta a rivedere gli
aspetti di vincolismo rigido del Trattato di Maastricht, quei fattori
perversi che hanno incrementato il valore della nostra moneta oltre il
necessario e artificialmente penalizzato la competitività delle
nostre industrie e dei nostri servizi. Il nostro modello produttivo e
di consumo - sottolinea il premier - deve tornare a credere in un orizzonte
economico più libero e competitivo. Chi produce reddito individuale
e profitto d'impresa deve tornare a credere nella possibilità di
spenderlo e di investirlo in piena autonomia e indipendenza da uno Stato
mangiatutto. E' per questo che sono entrato in politica. Infatti quel
contratto (con gli italiani, ndr.) non era un espediente elettorale, secondo
la versione banale che ne danno i soliti increduli e qualche praticone
della politica politicante - scrive Berlusconi -. Quel contratto esprimeva
il senso stesso del mio ingresso nella politica italiana, dieci anni fa.
Era l'unica legittima giustificazione, dopo sette anni di inganni seguiti
al ribaltone del '94, della perseveranza e perfino dellostinazione con
cui un imprenditore aveva cambiato vita e mestiere per compiere una 'missione
politica' nel senso più alto e necessario di questa espressione".
Berlusconi spiega che "il cuore del contratto con
gli italiani è che questo paese può fare meglio, può
diventare più libero e più responsabile. E che questa nuova
libertà responsabile è possibile ottenerla solo ed esclusivamente
riducendo la dipendenza del cittadino, e in primo luogo del lavoratore,
del contribuente, dallo Stato, che è fatto per servirlo e non per
esserne servito. La riduzione del carico fiscale sul reddito individuale
e sull'impresa grande e piccola - spiega il premier - non è né
un regalo né una promessa: è bensì una strategia
di cambiamento del nostro modo di vita, è un nuovo orizzonte, è
una nuova frontiera della politica".
"Non ricordo
- osserva il segretario della Quercia Fassino - un governo
in un tale marasma e in una confusione piu' assoluta". Fassino sottolinea
che "si sta consumando la crisi del governo Berlusconi anche in modo
simbolico, con un enorme spot pubblicitario che va avanti da anni sulla
riduzione delle tasse senza che questo avvenga perché in tre anni
di governo Berlusconi ha reso impossibile farlo. Se servono 25 miliardi
di euro per coprire il buco lasciato da Tremonti e altri fondi per rilanciare
le imprese è del tutto ovvio che non ci può essere riduzione
fiscale. Il presidente del Consiglio insiste per non perdere la faccia
ma così perde l'Italia".
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